Le mamme come al solito sono state sempre le più collaborative. Senza il loro aiuto non sarebbe stato possibile preparare i giornalini così come sono andati trasformandosi. Per riempirne le pagine sarebbero bastati gli scritti e i disegni dei ragazzi, visto che avevo scelto di farceli entrare tutti. Ho evitato di fare esclusioni e di privilegiare alcuni rispetto ai meno dotati. Mi sono sentita inadeguata ad affrontare la nascita di un testo collettivo pilotato dall'insegnante anche se qualche volta in modo quasi naturale ci siamo andati vicino per le lettere ai gemellati. Via via che andavamo avanti le scoperte di storia e di arte avevamo bisogno di riascoltare le registrazioni degli accompagnatori. Nasceva quindi la necessità di trascriverle per farcene un nostro originale e più ricco libro di testo. In questo senso i giornalini non erano rivolti all'esterno ma dovevano essere uno strumento di studio e di riflessione. Perciò bisognava stamparli entro un tempo ragionevole per poterli rileggere e commentare in classe e studiarne la parte necessaria. Per l'ultimo gruppo classe, occorreva anche avere il tempo necessario per spedirli alla classe gemellata, in un numero di copie abbastanza utile.
Si comprende perciò quanto tempo
fosse necessario per la trascrizione delle registrazioni. Infatti, in una nota, ringrazio in
particolare due mamme che in questo lavoro hanno dedicato molte ore. In più bisognava trascrivere a macchina gli
scritti dei ragazzi, che per ragioni di spazio non potevano essere riportati
scritti a mano.
In classe i genitori, anziché i
soliti regali all'insegnante, mi avevano recuperato una macchina da scrivere
usata e non troppo moderna, sui quali gli scolari si esercitavano a turno. In
particolare se ne serviva il ragazzo dislessico. Ma la qualità delle loro
trascrizioni non era tale da poter essere utile per il giornalino.
Quando andavamo alle visite esterne,
se la mia classe era sola, occorreva che la rappresentante di classe si
aggiungesse come accompagnatrice. In effetti una sola insegnante con una
ventina di ragazzini, in mezzo al traffico e in luoghi aperti può avere qualche
problema. Una volta ho avuto difficoltà.
Davanti a scuola ci aspettava già l'autobus urbano con la scritta “Riservato”,
ma io stavo in segreteria telefonando febbrilmente a tante madri chiedendo
aiuto, visto l'improvvisa indisponibilità della rappresentante di classe. Tentativi
a vuoto, così al limite. Quindi discorso ai ragazzi. Siamo soli. Se il
direttore se ne accorge fa ritornare indietro l'autobus e la Campitelli ci
aspetta inutilmente a piazza Navona. Sta
a voi scegliere il comportamento più corretto.
Se vi impegnate, io rischio un bel rimprovero, ma andiamo. Patto
concluso. Ricordo con un po' di orgoglio
la bella fila da piazza di Sant'Andrea della Valle a Piazza Navona, con i due
più vivaci a guidare e controllare in testa e in coda, seri attenti. Con la
gente attorno che ci ammirava. E alla piazza nessuna sosta per merenda né
richieste di bagno. Piccola pausa per
sete e fame, quindi al ritorno tutti seduti e trionfanti, nella felicità
dell'autista che aveva temuto una torma turbolenta e rumorosa.
Solo adesso, se l'anziano direttore
che ancora abita da queste parti leggerà questa confessione, mi potrà fare la
lavata di testa per quella mia trasgressione.
La lezione su Piazza Navona la
troverete nel capitolo sui beni culturali. Aggiungo che la gestione del registratore
affidata secondo turno, è poi passata alle mamme che l'hanno trascritta e ne
abbiamo tratto una parte che sta alle pagine 9 e 10 del fascicolo “Roma
Barocca”